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    MessaggioTitolo: addio a E L U A N A   addio a     E L U A N A Icon_minitimeMar 10 Feb - 11:40:34


    Focus
    Il diario della tragedia


    Dall’incidente alla morte,
    un addio lungo 17 anni



    La morte di Eluana Englaro



    addio a     E L U A N A EL--140x180
    Eluana Englaro (Ap)

    18 gennaio 1992
    L'incidente
    L'ultimo
    giorno della sua vita cosciente Eluana lo trascorre con l'amica del
    cuore, Laura Portaluppi. È il 17 gennaio 1992. Si conoscono da bambine,
    studiano lingue all'Università Cattolica di Milano, si vogliono bene.
    Passano il pomeriggio in palestra, camminano in centro, alle 21 di
    nuovo a casa. Le solite chiacchiere, ragazzi, vacanze, uscite di
    gruppo. Poi si lasciano con una promessa: «Ci svegliamo presto e ci
    vediamo domani per studiare insieme». Eluana annuisce e sorride, poi la
    bacia: «Saremo amiche per sempre?». «Sì Elu, per sempre. Sei tu la mia
    streghetta». La fissa di Eluana: che ogni cosa duri per sempre. Vuole
    essere rassicurata, lo chiede di continuo a Laura, lo chiede ai suoi
    genitori. Si abbracciano in piazza. Poi ognuno per la sua strada. Ma
    una volta a casa, Eluana cambia idea. È già in pigiama quando gli amici
    la chiamano per farsi raggiungere in un locale a Garlate, a pochi
    chilometri da Lecco. Una serata improvvisata. Eluana si riveste, prende
    l'auto. Non avverte Laura e neppure i genitori che sono in vacanza in
    Trentino Alto Adige per una settimana bianca. Papà Beppino è partito
    con l'utilitaria di Eluana, lasciandole la vettura più grande, una Bmw.
    Alle tre di notte Eluana è di nuovo sulla provinciale che collega Calco
    a Lecco, scortata da un amico, Andrea. È buio, si gela. L'auto slitta
    su una lastra di ghiaccio. Pochi secondi di terrore prima di finire
    contro un palo. Per Eluana è la fine. O meglio l'inizio di un'esistenza
    mai immaginata. I soccorsi arrivano quando il suo corpo è ormai
    immobile, lo sguardo fisso, senza riscontro i riflessi. Qui comincia il
    suo calvario. È l'alba del 18 gennaio 1992.

    19 gennaio-18 febbraio 1992
    La diagnosi
    Eluana
    viene portata all'ospedale di Lecco. È ferita alla testa, il volto
    coperto di sangue. Papà Beppino e mamma Saturna hanno in programma di
    restare in Trentino ancora un giorno prima di spostarsi a Paluzza,
    pochi chilometri da Udine. È il paese di Beppino, nell'amata Carnia,
    dove, nonostante se ne sia andato per lavorare all'estero, ha sempre
    voluto tornare almeno due o tre volte all'anno. Così anche il 18
    gennaio: il padre di Eluana si sveglia, fa colazione, pensa a come
    organizzare la giornata prima della cena in famiglia. Ma una telefonata
    gli cambia la vita: sono le 9.30, dall'altra parte della cornetta c'è
    suo fratello Armando che gli dice di chiamare l'ospedale di Lecco. Il
    presentimento è già realtà. Beppino e Saturna corrono a Lecco. Sanno,
    ma non parlano. Che Eluana è in fin di vita, che il suo cervello è
    danneggiato, che quelle sono le sue ultime ore. «Frattura dell'osso
    frontale e una frattura-lussazione della seconda vertebra cervicale;
    emorragia nell'emisfero cerebrale sinistro e lesioni in diverse parti
    del cervello». Papà Beppino ancora non è pratico di cerebrolesioni, ma
    una cosa è chiara davanti a quel letto del reparto di Rianimazione:
    Eluana non sarà mai più come prima. A Lecco Laura Portaluppi ancora non
    sa. Sveglia alle 8, apre i libri, aspetta Eluana e le sue brioches per
    fare colazione. Ma lei non arriva. Va a casa Englaro, un vicino le dice
    di andare in ospedale. Ci va, anche se ha tanta paura. Fuori dalla
    rianimazione ci sono già gli amici con i quali Elu ha trascorso la sera
    precedente. Si abbracciano, le lacrime sembrano non fermarsi mai.
    Dolore e angoscia. Ancor più nei giorni successivi. Nel quinto dopo
    l'incidente, i genitori di Eluana vengono informati che le verrà
    praticata una tracheotomia. Beppino si oppone, gli rispondono che non
    c'è bisogno del consenso informato. E così i medici le fanno un foro
    nella trachea. Dopo un mese Elu esce dal coma. Riapre gli occhi e
    null'altro: dorme, si sveglia, respira da sola, viene nutrita con un
    sondino.

    1992-1994
    Le coccole di mamma
    Inizia
    così la storia di Eluana. Niente più feste, amici, vacanze al mare e in
    montagna, vestiti alla moda, programmi per il futuro. Dal quel 18
    gennaio solo stanze d'ospedale, protocolli riabilitativi, test sanitari
    per approfondire le sue condizioni. Due anni di attesa per i genitori.
    Mamma Saturna va sempre a trovarla. I medici dicono che Eluana va
    stimolata, che bisogna parlarle. E lei lo fa, quasi tutti i giorni,
    anche quando per un po' la figlia viene ricoverata in una struttura di
    Sondrio. Ma la distanza non conta. Lei arriva e la vizia. Con pigiami,
    felpe e maglioncini. Non le fa mancare nulla, la copre di attenzioni.
    Anche Laura Portaluppi la segue. Le parla per ore, spera che prima o
    poi Elu si risvegli. E passano due anni prima di arrivare alla diagnosi
    definitiva: nel 1994 i medici dichiarano che Eluana Englaro si trova in
    stato vegetativo. Permanente, persistente, ma non è questione di
    terminologia. Beppino lo sa bene, anzi lo ha sempre saputo da quando
    l'ha vista in quel letto in Rianimazione: sua figlia non può più
    tornare indietro. Il suo «purosangue della libertà», la bambina che già
    a dieci anni aveva risposto ai genitori «ma che cosa c'entrate voi con
    la mia vita», sarà purtroppo soltanto un ricordo.

    Gennaio 1994
    Il trasferimento a Lecco
    Nel
    1994 Eluana viene trasferita nella casa di cura di Lecco gestita dalle
    suore misericordine. Per mamma Saturnia è una fortuna. Può passare più
    tempo con la figlia e continuare a coccolarla con i continui regali.
    Per non parlare delle religiose. In particolare suor Rosangela, la
    caposala, che tratta Eluana quasi fosse sua figlia. Per lei ha
    riservato una stanza al secondo piano, a poca distanza dalla sala
    operatoria dove è nata il 25 novembre del 1970.

    1995
    La battaglia legale
    Ma
    papà Beppino non si rassegna, in testa ormai ha solo un'idea:
    rispettare quello che Eluana era e quello che lei avrebbe voluto. Una
    convinzione che diventa la spinta per la successiva battaglia
    giudiziaria. «Se non sono stato un buon padre, perché ero sempre
    lontano per lavoro, almeno adesso voglio essere all'altezza di mia
    figlia, facendo rispettare le sue volontà». Englaro lascia il lavoro e
    si dedica alla battaglia legale per «fare le volontà della figlia». La
    svolta arriva nel 1995, quando durante una trasmissione televisiva,
    vede per la prima volta Carlo Alberto Defanti, neurologo, che lo mette
    in contatto con la consulta di Bioetica di Milano. E da qui comincia il
    lungo percorso che arriva fino al 2009 e fino a Udine. Per Englaro è
    uno spiraglio che si apre nella solitudine di padre, incompreso dal
    mondo, perché «vuole provocare la morte di sua figlia». Non lo segue
    nessuno, anzi. Si sente come «un cagnolino randagio che abbaia alla
    luna», scriverà poi nel libro che racconta la sua storia, perché
    nessuno gli dà retta.

    Le giornate di Elu
    Non c'è
    una data precisa su questa pagina del diario di Eluana che racconta le
    sue giornate nella casa di cura di Lecco. Giornate uguali l'una
    all'altra, per 17 anni. Beppino va a trovare sua figlia, quasi ogni
    giorno. Soprattutto nel tardo pomeriggio quando è tranquilla, ormai
    prossima alla fine della sua giornata che comincia presto, alle 5,
    quando le suore si occupano dell'igiene del suo corpo. Le lavano denti
    e capelli, la bagnano, la cospargono di talco. Poi c'è la ginnastica,
    in maglietta e pantaloncini, per mantenere i muscoli tonici. In
    primavera o d'estate, la passeggiata in giardino. Eluana, nei primi
    anni, viene messa sulla carrozzina che scivola lungo le bordure fiorite
    nel cortile interno, lontano da occhi indiscreti. Poi viene riportata
    in camera e comincia la nutrizione. La sacca appesa alla destra del
    letto, un tubicino trasparente che le entra nel naso. Qui scorrono i
    nutrienti: 12 ore per alimentarsi, altrettante per idratarsi. Ogni
    giorno uguale all'altro. Senza sapere che suo padre ha cominciato a
    girare per avvocati e tribunali, con una richiesta che nessuno capisce.
    Mentre sua madre viene a trovarla, seppure senza speranze. Perché
    Beppino e Saturna sono d'accordo: Eluana così non avrebbe voluto
    vivere. Mamma Saturna lotta, poi esce di scena. Una grave malattia la
    costringe a entrare e uscire dagli ospedali. E si fa vedere fuori di
    casa solo se necessario.

    1999
    La prima sentenza
    Nel
    1996 Beppino Englaro viene nominato tutore della figlia. Ora ha anche
    la «patente» legale per far rispettare le sue volontà. Dal 1999 inizia
    la sequela di decreti e ricorsi, quasi un viavai tra il tribunale di
    Lecco e la corte d'Appello di Milano. La prima istanza per
    l'interruzione della nutrizione artificiale risale al 19 gennaio 1999.
    Il primo marzo viene dichiarata inammissibile. Pochi giorni dopo, il 14
    marzo, Englaro ricorre in appello, ma i giudici rigettano il reclamo.
    Ci riprova nel 2002 a Lecco: il ricorso arriva fino alla Cassazione,
    senza successo. Nel 2005, con il nuovo avvocato Vittorio Angiolini, si
    rivolge ancora alla Suprema Corte, che risponde con un'ordinanza in cui
    ritiene necessaria la presenza di un curatore speciale. Così il 21
    novembre 2005 viene nominata Franca Alessio, avvocato lecchese, ora nel
    ruolo di curatrice di Eluana. Un anno dopo, un altro tentativo viene
    fatto davanti al Tribunale di Lecco, che dichiara inammissibile la
    richiesta costringendo papà Beppino a tornare davanti alla Corte
    d'Appello milanese. Questa volta i magistrati reputano ammissibile il
    ricorso, ma non suscettibile di accoglimento. E si arriva all'anno
    decisivo: tutore e curatore ricorrono insieme in Cassazione ottenendo
    finalmente la sentenza che spianerà loro la strada per ottenere, nel
    luglio dell'anno dopo, l'autorizzazione al distacco del sondino.

    9 luglio 2008
    Il sì dei giudici
    Gli
    anni passano. Eluana sempre dalle suore, suo padre su stampa e tv. Il
    suo caso colpisce la gente, affascina i giuristi, fa indignare il mondo
    cattolico e non. Dopo quasi dieci anni di iter giudiziario, il 9 luglio
    2008 la Corte d'Appello di Milano riesamina la questione e autorizza la
    sospensione dell'alimentazione. Si può staccare il sondino perché sono
    state verificate le condizioni poste dalla Cassazione: lo stato
    vegetativo è irreversibile e ci sono le prove che in questo senso si
    muoveva la volontà di Eluana. Per Englaro è la vittoria più grande: «Ha
    vinto lo stato di diritto», ripete. «Ora Eluana può essere liberata»,
    aggiunge.

    12 ottobre 2008
    L'emorragia
    Ma
    il calvario di Beppino e di sua figlia non è finito. Englaro è
    costretto a vagare per hospice e ospedali alla ricerca di una struttura
    dove applicare la sentenza. Intanto la Lombardia gli vieta di farlo in
    regione, la Toscana si tira indietro, la procura generale di Milano
    impugna il decreto davanti alla Cassazione. L'ultimo passaggio legale:
    l'udienza è fissata per l'11 novembre davanti alle sezioni riunite. Ma
    il 12 ottobre Eluana sta male. Un'emorragia potrebbe portarsela via in
    poche ore. C'è attesa e forse anche speranza, che la tragedia si compia
    per risparmiarle una fine «forzata». Papà Beppino corre al capezzale,
    le suore pregano intorno. Se Eluana muore, dicono, sarebbe meglio per
    tutti. Il volto bianco, adagiato sul lato destro, le labbra che si
    muovono mentre il sondino continua a pompare e una flebo le attraversa
    il braccio. Eluana sta morendo. Ma a fine giornata l'emorragia si
    ferma, i valori sembrano in ripresa. Dopo quattro giorni è fuori
    pericolo. Ancora una volta il suo destino è appeso a una sentenza.

    13 novembre 2008
    Lo stop del ministro
    Il
    13 novembre la Cassazione risponde: Englaro può andare avanti. In
    Friuli c'è già una clinica che aspetta Eluana, due stanze che
    potrebbero accoglierla per il suo ultimo viaggio. Ma il ministero non
    ci sta. E mentre le suore sono già rassegnate, la valigia pronta con le
    felpe e le tutine comperate da mamma Saturna, e un'ambulanza è già
    partita per venirla a prendere, arriva uno stop da Roma: è il ministro
    Sacconi che si pronuncia con una direttiva sul divieto di non
    interrompere alimentazione e idratazione ai disabili. Come Eluana. E
    ricomincia l'attesa. Perché la struttura «Città di Udine» vuole
    riflettere sull'atto ministeriale. Per Beppino è un nuovo incubo. Per
    le suore quasi un miracolo. Eluana, invece, rimane inconsapevole nel
    suo eterno silenzio. Poi da Udine salta fuori una nuova soluzione: la
    casa di riposo «La Quiete» si dice disponibile ad accoglierla. La
    valigia è fatta. Questa volta non si torna indietro.


    3 febbraio 2009

    L'ultimo viaggio
    Il
    3 febbraio la barella con sopra Eluana viene sistemata su un'ambulanza
    dove sale anche il rianimatore Amato De Monte. Una corsa nella notte,
    quattro ore di viaggio. E una tosse forte, e catarro, tanto. Le suore
    si raccomandano di curarla. Ma a che serve. Alle 5.55 Eluana è a Udine.
    L'aspettano una stanza a piano terra, un letto in legno chiaro e le
    pareti azzurrine. Fuori le proteste di chi la vuole viva, e gli
    applausi di chi solidarizza con il padre. Tossisce ancora per tre
    giorni. Da venerdì smette di essere alimentata e idratata. I medici
    cominciano anche a sedarla.

    9 febbraio 2009
    La morte
    Alle 20.10 Eluana muore. Suo padre l'ha vista l'ultima volta martedì.


    Grazia Maria Mottola
    10 febbraio 2009
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